La Storia – i valori e la nascita della UGL Medici

I valori dell’UGL:

La centralità del lavoro

nuovo_manifesto_60_uglL’Unione Generale del Lavoro ritiene che la centralità e la dignità della persona debba essere posta a fondamento di ogni politica economica e su tale valore fonda il proprio impegno. Fra i diritti dei cittadini è essenziale strumento di giustizia sociale il diritto al lavoro, sancito dalla stessa carta costituzionale a fondamento della Repubblica.

Alto numero di disoccupati, insicurezza e precarietà del lavoro, aumento delle diseguaglianze di reddito, competizione egoistica tra i cittadini che spinge ad una sorta di darwinismo sociale, progressivo smantellamento delle vecchie tutele dello Stato sociale, subordinazione di ogni aspirazione delle comunità e dei singoli alle convenienze di un mercato impersonale e sovranazionale: questi aspetti dei processi in atto fanno intravedere un futuro di incognite sulla tenuta stessa delle nostre società e della nostra civiltà e temere l’avvio di un pericoloso processo di disgregazione sociale se non si cominciano seriamente a porre in essere nuovi strumenti, azioni e soluzioni idonei a contrastare le conseguenze negative che la globalizzazione produrrebbe se lasciata libere di agire spontaneamente senza regole e senza limiti statuali e internazionali.

Ricercare sempre e comunque quegli equilibri idonei a consentire lo sviluppo economico e l’affermazione della società dell’informazione col suo enorme potenziale di arricchimento delle conoscenze e di elevazione culturale delle popolazioni in connessione imprescindibile con la garanzia del lavoro e di livelli di vita progrediti e con la attuazione di un moderno sistema di sicurezza sociale. Non accettare passivamente e acriticamente la globalizzazione e le sue implicazioni; non considerare come un destino inevitabile che essa si traduca in un processo di progressiva demolizione della solidarietà e della coesione sociale.
Questi sono obiettivi di fondo che la UGL considera irrinunciabili.
La solidarietà è un bene collettivo primario indispensabile al benessere morale e materiale di tutti e alla necessaria coesione sociale in una visione della convivenza civile basata su valori comunitari. Questo bene è sottoposto a pressioni che tendono a disgregare il tessuto sociale e ad introdurre nella società una divaricazione di interessi tra chi è occupato e gode di una certa stabilità nel lavoro e chi è disoccupato o in cerca di prima occupazione o chi subisce una precarizzazione del rapporto di lavoro. Analoga divaricazione tendono a subire sia il sistema di welfare sia quello previdenziale dove potrebbe incrinarsi, con conseguenze deleterie, il patto tra i diversi ceti sociali e tra le popolazioni di diverse aree geografiche. Solidarietà collettiva all’interno del mondo del lavoro e all’interno di tutta la società che devono restare uniti per affrontare e vincere le sfide della transizione.

Impegno primario della Unione Generale del Lavoro è quello di operare in ogni direzione affinché centralità del lavoro e la solidarietà collettiva siano salvaguardate come beni essenziali della Nazione.

La partecipazione

Una diffusa cultura della partecipazione nel senso più ampio del termine come coinvolgimento di ouglmanifestagni soggetto, direttamente o attraverso le istituzioni che lo rappresentano, nelle decisioni che lo riguardano costituisce senza dubbio un determinante strumento di democrazia sociale ed economica per fronteggiare le spinte della globalizzazione verso l’individualismo asociale, l’egoismo competitivo, la perdita della solidarietà.

L’affermazione in particolare del ruolo partecipativo dei lavoratori nelle imprese al più alto livello rappresentato dalla partecipazione alla gestione e agli utili fino alla comproprietà è uno degli obiettivi di fondo della UGL, connaturato inscindibilmente alla sua concezione storica della centralità del lavoro nell’economia e nella società civile.

Ora si può con soddisfazione affermare che il tema generico della partecipazione dei lavoratori, dopo un lungo periodo in cui veniva ignorato da quasi tutte le forze politiche e sindacali, è tornato ad essere oggetto di analisi e di dibattito e, soprattutto, di progetti di natura legislativa a livello europeo e italiano.

Tuttavia sembra necessario precisare a questo proposito che col termine “partecipazione” si comprendono una serie di strumenti e di istituti molto variegati e diversi tra di loro che vanno dai diritti di informazione e consultazione alla partecipazione finanziaria attraverso l’azionariato dei dipendenti, dalla partecipazione organizzativa attraverso comitati di impresa e consigli di sorveglianza agli enti bilaterali.

Ci sono in sostanza schemi molto “deboli” di partecipazione che rimangono estranei ad una partecipazione organica, come l’informazione e la consultazione le quali restano nell’ambito limitato di scambi informativi e di pareri non vincolanti. Come pure la partecipazione finanziaria che non è mai riuscita a diventare uno strumento attraverso cui i dipendenti potessero avere una capacità di influire sulle scelte aziendali data la carenza legislativa della possibilità di una rappresentanza collettiva dei dipendenti azionisti.

Esistono poi schemi più “forti” di partecipazione che tendono all’ obiettivo di dare ai lavoratori strumenti atti ad influire concretamente sul governo dell’impresa. In questa ottica sono da considerare gli istituti che prevedono l’inserimento di rappresentanze di lavoratori negli organi societari a vario livello e con varie capacità decisionali. Pur giudicando positivo l’insieme degli strumenti partecipativi, l’UGL ritiene che l’azione sindacale debba tendere soprattutto allo sviluppo e all’affermazione dei secondi. E ciò non solo perché essi richiamano più da vicino la concezione autenticamente partecipativa propria del suo patrimonio storico-culturale ma anche perché se l’impresa per vincere la sfida della competitività richiede ai dipendenti un coinvolgimento maggiore e diverso che in passato, se richiede loro motivazioni aggiuntive e senso di appartenenza ai destini aziendali, se deve contare sempre di più sulla loro professionalità responsabile, è del tutto coerente che debba condividere con essi non solo informazioni ma scelte e decisioni strategiche.

Circa i progressi di natura politica o legislativa che sono stati fatti recentemente meritano attenzione alcuni dati. Va ricordato anzitutto che nel Libro Bianco sul Mercato del Lavoro dell’ottobre 2001 si è richiamato il favore del Governo verso la politica comunitaria che ha teso a caratterizzare il modello sociale europeo in senso partecipativo. Anche se nel documento sembra privilegiarsi uno schema debole della partecipazione demandando ogni decisione soltanto all’iniziativa delle parti sociali e mettendo l’enfasi solo sui diritti di informazione e di consultazione e sulla partecipazione finanziaria senza affrontare il tema cruciale dei poteri di governo dell’impresa, resta la considerazione positiva che per la prima volta in un documento ufficiale dell’esecutivo si è parlato esplicitamente di partecipazione.

Va anche ricordato che con la legge finanziaria 2004 si è prevista l’istituzione di un fondo speciale per l’incentivazione della partecipazione dei lavoratori “ai risultati e alle scelte gestionali delle imprese”. Scelta di notevole valore simbolico a cui purtroppo non ha fatto seguito un impegno concreto.

Altro fatto estremamente significativo è la recente sottoscrizione il 2 marzo 2005 da parte delle forze sociali (compresa la UGL) dell’avviso comune per l’attuazione della direttiva comunitaria sul coinvolgimento dei lavoratori nella nuova Società Europea : anche in questo caso si tratta di un passo di notevole significato.

E’ soprattutto a livello comunitario che sono state introdotte significative scelte sulla partecipazione dei lavoratori alle aziende. In particolare la Direttiva sulla Società Europea del 2001, seguita dal recente Regolamento, che stabilisce termini e modi dell’inserimento dei rappresentanti dei lavoratori negli organi decisionali delle imprese. E che comunque avrà bisogno di un integrativo intervento legislativo per l’attuazione in Italia che garantisca alle rappresentanze dei lavoratori l’ingresso negli organi di vigilanza.

Per un esame completo dello sviluppo che sta avendo negli ultimi tempi il principio partecipativo occorre ricordare un nuovo modo di fare impresa che registra una interessante diffusione. Si tratta del modello basato sulla responsabilità sociale e sulla condivisione degli obiettivi strategici in misura tale da coinvolgere tutti i soggetti portatori di interessi collettivi che fanno capo all’impresa nella gestione e nella definizione delle politiche aziendali.

Anche in questo caso il successo della nuova impresa responsabile è dato in fondo proprio dall’evolversi del mercato globale e della competitività : se vuole restare sul mercato, reggere la competizione e rafforzare la sua solidità economica e patrimoniale l’impresa deve abbandonare la visione ristretta del profitto rapido e di breve respiro e deve assumersi finalità sociali ed ambientali tali da infondere credibilità nei consumatori, fiducia nei risparmiatori, motivazioni ideali nei lavoratori, contesto favorevole nel territorio.

In conclusione si può dire che il cammino della partecipazione è cominciato, sia pure in ritardo e con molte incertezze. L’UGL è impegnata a dare il massimo contributo di idee e di azioni che si affermi soprattutto nella direzione di una partecipazione “forte”, che dia cioè ai lavoratori la capacità di incidere sul governo delle imprese.

Il ruolo attivo dello Stato nell’economia

Il ruolo attivo dello Stato nei processi economici è indispensabile per stabilire la priorità degli interessi collettivi sui singoli interessi individuali o di gruppo ed è un essenziale fattore di sviluppo e di crescita. Ciò è ancora più vero nell’attuale decisiva fase di transizione in cui i processi di adeguamento strutturale non possono essere ragionevolmente lasciati allo spontaneismo del mercato.

L’obiettivo principale della politica economica dello Stato e dei governi deve essere quello di una crescita equilibrata che crei occupazione, attraverso investimenti pubblici e misure macroeconomiche adatti a stabilire un ambiente favorevole agli investimenti privati, privilegiando lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie come fonte di ricchezza nazionale e di nuova occupazione qualificata.

Non sono condivisibili le teorie che indicano la necessità di un drastico ridimensionamento della presenza pubblica nelle attività economiche e sociali sulla base dell’assunto che in fondo l’intervento dello Stato nell’economia sarebbe comunque negativo per il benessere collettivo, che la funzione primaria di redistribuzione della ricchezza si tradurrebbe di fatto in un abuso a danno di chi produce e che la capacità di autoregolamentazione del mercato sarebbe sufficiente da sola ad evitare squilibri economici e sociali. La UGL ritiene al contrario che il ruolo dello Stato nella politica economica sia essenziale in generale e lo divenga ancora di più in un’economia di mercato con esasperata competitività internazionale come quella attuale.

L’economicismo capitalistico tende per sua natura a diffondersi anche nella sfera pubblica e a subordinare alle sue regole tutti gli aspetti della società civile. Questa tendenza va contrastata perché contiene in sé un enorme potenziale di disgregazione sociale ed è una seria minaccia alla stessa sopravvivenza dei nostri modelli di convivenza civile.

Le attività proprie dello Stato e delle strutture pubbliche in genere devono essere ispirate istituzionalmente a principi di benessere collettivo e di solidarietà generale e non possono essere condizionate e in certi casi svuotate di significato in nome del profitto, della competitività e dell’utilitarismo. L’efficienza, il livello qualitativo e l’eliminazione di sprechi nella resa delle attività pubbliche sono ovviamente indispensabili ma possono essere ottenute senza perdere di vista la loro natura pubblica e le loro finalità essenziali. Ciò va inteso nel senso più ampio, comprendendo i tradizionali campi istituzionali dello Stato, il welfare, l’assistenza sanitaria, il sistema previdenziale nonché gli strumenti idonei ad ammortizzare gli effetti negativi sul sociale derivanti dalla flessibilità generalizzata per realizzare un modello di convivenza basato su un’economia sociale di mercato.

Reggio Calabria 1993: nasce la CISNAL MEDICI

Per iniziativa di un folto gruppo di medici politicamente vicini ai valori sociali e nazionali, nasce nella citta’ dello Stretto la volonta’ di costituire nell’ambito della Cisnal un raggruppamento autonomo. Viene sollecitata la Confederazione, che da’ il via all’organizzazione della Federazione Medici.

<< 1 2 3 4 5

scroll to top